La stampa popolare

 Il 3 settembre 1833, a New York, una nuova presenza si aggira per le strade della città. Sono gli "strilloni", ragazzetti incaricati di vendere ai passanti il "New York Sun", edito da Benjamin Henry Day. Il prezzo modico e lo slogan accattivante con cui il giornale si presenta, «it shines for all» mostrano la chiara volontà dell'editore di raggiungere il pubblico più ampio possibile Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione culturale.

LogoNew York Sun (1833-1950)

Il 'New York Sun" si distingueva dalle pubblicazioni fino ad allora esistenti non solo per la modalità di distribuzione e per il prezzo ridotto, ma anche e soprattutto per i contenuti proposti: articoli di cronaca locale, resoconti di delitti e di eventi scandalistici, notizie sensazionali: tutti questi ingredienti, se sconcertavano i tradizionali lettori di quotidiani, allettavano invece una nuova fascia di utenti, composta da persone che nel foglio di giornale cercavano un semplice mezzo di intrattenimento e di svago.
Il modello della stampa popolare fece ben presto la sua comparsa anche oltre oceano. Nel 1836, a Parigi, il giornalista e uomo politico Émile de Girardin fondò un nuovo giornale, "La Presse", di cui riuscì a dimezzare il prezzo di abbonamento con un espediente destinato ad avere nei decenni successivi un grande successo: l'inserzione di annunci pubblicitari.


Image dans Infobox.Émile de Girardin


Legando il quotidiano al pubblico da un lato, e al mercato dall'altro, Girardin lo stava trasformando da mezzo di informazione e di discussione di idee a vero e proprio "prodotto di consumo".
La trasformazione del giornale in un bene di consumo perfettamente inserito nelle dinamiche di mercato diede il via alla nascita di nuove modalità di produzione e di diffusione della cultura.
 In un primo momento ci si limitò a presentare, un pezzo per volta, romanzi già esistenti, ma ben presto invalse un'abitudine diversa: gli scrittori cominciarono a comporre opere appositamente per i giornali, scrivendo di giorno in giorno la puntata da pubblicare. L'inedito connubio tra giornalismo e letteratura inaugurò così un nuovo genere narrativo, basato su alcuni canoni ben precisi: ogni puntata doveva ricollegarsi a quella precedente, cioè presentare situazioni e personaggi ricorrenti, ma nel contempo introdurre elementi di innovazione nell'intreccio, e il suo epilogo doveva invogliare il lettore a conoscere il contenuto della puntata successiva.


La serialità della produzione industriale si trasferiva così all'interno della creazione culturale, come suo elemento costituivo. E proprio questo elemento, unito alla sinergia instaurata tra due diversi apparati di comunicazione sociale (il giornale e l'opera letteraria), fanno del feuilleton un vero e proprio prodotto dell'industria culturale, irriducibile alle usuali opere narrative della tradizione letteraria.
La letteratura d'appendice aveva i suoi leit-motiv che sono: passioni e intrighi amorosi, storie di vizio e di degradazione, contrasti tra l'aspetto esteriore della vita urbana e le sordide vicende dei quartieri più sconosciuti.
Da un punto di vista ideologico, questi temi proponevano spesso i valori piccolo-borghesi della società da cui scaturivano: il trionfo del bene sul male, il populismo retorico, il riscatto da situazioni di povertà e di ingiustizia grazie al recupero, da parte di un "eroe" o di una "eroina", della propria identità.

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