In che cosa consiste la ricerca?

 Oltre il senso comune

Il senso comune tende spesso a farsi un'idea semplificata e imprecisa della ricerca scientifica. Sia che pensi al lavoro del ricercatore nel campo delle scienze umane sia che immagini scenari di ricerca in quello delle scienze naturali, l'opinione comune tende a credere che l'attività di ricerca consista semplicemente in una "raccolta" di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente.  Se fare ricerca significa semplicemente raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione, ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito, essendo i comportamenti umani e sociali costantemente sotto i nostri occhi e certamente più accessibili di molecole, atomi, cellule e pianeti, di cui si occupano le scienze naturali. Molte persone pensano, a torto, di essere buoni psicologi o eccellenti interpreti della realtà sociale, mentre probabilmente nessuno si arrogherebbe titolo di biologo o di fisico senza averne una competenza specifica.


Oltre il paradigma comune

 

Nel XIX secolo il Positivismo, l'indirizzo di pensiero inaugurato da Auguste Comte, filosofo francese e padre della sociologia, caratterizzato dall'esaltazione dello spirito scientifico e intenzionato a estendere le procedure delle scienze esatte allo studio della realtà nel suo complesso, teorizzò un'idea del metodo scientifico molto semplice: lo scienziato sottopone a osservazione i fenomeni, individua tra essi relazioni costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega tali fenomeni in modo necessario. Comte riteneva l'approdo a questo tipo di procedura, faticosamente guadagnato dai diversi ambiti del sapere, una conquista dello spirito "positivo", capace in questo modo di affrancarsi da ingenue spiegazioni teologiche dei fenomeni o da astruse costruzioni metafisiche prive di efficacia esplicativa.   


                                                                              
A fondamento del modello positivista della ricerca stava l’affidamento nel processo di induzione; il procedimento logico mediante il quale ricaviamo conclusioni di carattere universale partendo da conoscenze relative a casi particolari, attestati dall'esperienza e nella possibilità di accostarsi ai fenomeni senza disporre di idee o ipotesi preliminari che possano guidare la ricerca In questo senso esso faceva suo l'antico presupposto della filosofia empirista, teorizzato espressamente dal filosofo britannico John Locke: la mente è come un foglio bianco su cui solo l'esperienza può scrivere dei caratteri; nell'accostarsi alla realtà, essa dispone solo di meccanismi formali, con cui accoglie e rielabora i materiali che riceve.

File:Auguste Comte.jpgAuguste Comte

La concezione positivista suscitò ben presto opposizioni e perplessità: in particolare, l'idea di assimilare le procedure delle scienze umane a quelle delle scienze della natura fu negata fortemente dai filosofi dello storicismo tedesco, come Wilhelm Dilthey e Wilhelm Windelband, i quali sostennero, con varie argomentazioni, l'irriducibilità delle prime alle seconde. Tuttavia, è nel corso del XX secolo che essa è stata criticata più radicalmente, tanto che ne sono state riviste le premesse di fondo.

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